La chitarra by Adriano Gasperetti;

La chitarra by Adriano Gasperetti;

autore:Adriano Gasperetti; [Gasperetti;, Adriano]
La lingua: ita
Format: epub
editore: edigita
pubblicato: 2022-12-01T23:00:00+00:00


Stratocaster Fiesta Red

A un certo punto la chitarra sembra essere un prolungamento del suo corpo, come quando a fine Wild Thing la poggia a terra e ci si china sopra. La leva del vibrato, prima nell’intro, è un tutt’uno con la sua mano, il suono è angosciante, pazzesco, e fa da sottofondo ai suoi movimenti sinuosi. Passione pura, che arde nell’uomo, nel musicista innamorato del suo strumento. E allora diventò inevitabile quello che accadde dopo, minuti, istanti che avrebbero attraversato decenni e che continueranno a farlo. Jimi, forse per andare oltre la presunta rivalità con Pete Townshend, o semplicemente per essere semplicemente se stesso, come tre mesi prima al Finsbury Park Astoria, decise di distruggere letteralmente la sua chitarra e di farlo ancora dandole fuoco. Eppure, fu un atto di rispetto, d’amore, da parte di Hendrix verso la Strat: “Quando ho bruciato la mia chitarra” racconterà in un’intervista, “fu come un sacrificio. Si sacrificano le cose che si amano. Io amo la mia chitarra”. Nella sua logica, infatti, cercando di spiegare i motivi di un comportamento apparentemente contraddittorio, ovvero distruzione e amore, per Jimi la distruzione della chitarra, fatta in mille pezzi o data alle fiamme, aveva comunque un senso. Simboleggiava l’annientamento di una parte di sé per poi rinascere meglio: le distruggeva, le maltrattava, le rendeva inutilizzabili, parzialmente o completamente, perché dalle stesse voleva trarre un suono migliore.

Una carriera breve ma intensa, quella di Hendrix, iniziata nel 1967: tre album in studio, pubblicati in un paio di anni, due live, due raccolte e dodici singoli. In tutto una quarantina di canzoni tra cover e inediti che, a vario titolo, hanno segnato indelebilmente la storia della musica. C’è un album postumo, tra quelli pubblicati, testimonianza di un evento storico e, soprattutto, di una performance, quella di Hendrix, che va ben oltre il semplice concerto. È il 1999 quando viene infatti pubblicato LIVE AT WOODSTOCK, la testimonianza diretta di un concerto memorabile che raccoglie l’eredità di JIMI HENDRIX: WOODSTOCK, uscito cinque anni prima e piuttosto incompleto. Era il 18 agosto del 1969, circa le 9 del mattino, quando a Bethel, Contea di Sullivan, nello Stato di New York, al Festival di Woodstock, il geniale mancino di Seattle saliva sul palco nella giornata di chiusura, come da sua richiesta. Non fu però una scelta fortunata, perché per motivi tecnici, legati a una forte pioggia caduta su quello che sarebbe divenuto il Festival per eccellenza, la sua esibizione fu rinviata alla mattina del 18. Le date iniziali infatti prevedevano una durata dell’intero evento di tre giorni, dal 15 al 17. La folla che accorse, complice soprattutto il passaparola, fu a dir poco oceanica, qualcuno azzardò la cifra di 500mila persone. Ma quando fu il turno di Hendrix, si ridusse drasticamente a poche decine di migliaia di veri e propri fortunati: chi parlò di 25mila persone, chi di 40mila. Jimi aveva già rubato la scena al Monterey Pop e lo avrebbe fatto anche al Festival dell’Isola di Wight, ma quanto avvenne in quella mattinata…

Le premesse non erano certo delle migliori, come ricorderà Mitch Mitchell.



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